Oltre 300 presenze tra le professioniste con 114 gol, più 80 ‘gettoni’ nella Nazionale italiana, impreziositi da 10 reti. Il tutto vincendo un campionato Europeo Under 19, due Scudetti, altrettante Supercoppe italiane e 4 Coppa Italia. Questo il curriculum da giocatrice di ALICE PARISI, che da questa estate è entrata a far parte della nostra famiglia amaranto. ALICE segue infatti insieme a BRUNO ESPOSITO, giocatore della nostra Juniores e della Prima Squadra, il gruppo dei PRIMI CALCI A5 – UNDER 9 e questa settimana abbiamo deciso di scambiare due parole con lei per conoscerla meglio e farci raccontare come sono stati questi primi mesi con i piccoli classe 2017.
Facciamo un passo indietro, cosa ti ha portato a Montelupo?
«Ho sempre voluto rimanere a Firenze una volta finita la mia carriera, amo la Toscana e Montelupo l’ho trovata subito perfetta per me, c’è tanto verde, adoro tutte le colline che la circondano e soprattutto ho scoperto una comunità di persone che abbracciano valori sani, difficili da trovare al giorno d’oggi, e che mi riportano a dove sono nata».
Come è stato l’impatto in questi primissimi mesi con l’ambiente amaranto?
«Ne ho apprezzato l’organizzazione, la disponibilità e l’attenzione a tutta la Scuola Calcio e al Settore Giovanile. È una società ambiziosa che porta avanti un progetto facendo attenzione ai minimi dettagli per far star bene tutti, dai più piccoli fino alla prima squadra. Veramente una struttura di tutto rispetto e sono molto orgogliosa di farne parte».
Oltre 300 presenze tra le professioniste in carriera, cosa ti ha spinto una volta smesso ad intraprendere il ruolo di istruttrice?
«Sinceramente ho fatto il patentino UEFA B più per curiosità che per ambizione di diventare allenatrice. Ho avuto tanti allenatori ed allenatrici ed ho voluto capire personalmente come venissero formati. Questo percorso mi ha aperto un mondo sul Settore Giovanile e sul potere educativo che hanno gli istruttori nelle Scuole Calcio e per questo ho capito che quello era l’unico mondo che mi affascinava».
Veniamo ai nostri ragazzi, descrivi con tre aggettivi il tuo gruppo?
«Questa è una domanda complicata (sorride). A parte gli scherzi direi che sono estroversi, vivaci e distratti come deve essere a questa età».
In questi primi mesi quali sono gli aspetti a cui hai dato più importanza con la squadra?
«Al di là di aspetti coordinativi e tecnici più specifici per il gioco stiamo insistendo molto sul far loro capire l’importanza di essere un gruppo, del rispetto che devono avere tra di loro, per gli istruttori e per gli avversari e sul fatto di avere regole che vanno rispettate. Queste sono cose che una volta apprese gli renderanno la vita più semplice, nel calcio e non».
Come stanno rispondendo i bambini?
«Bene, io e i miei colleghi siamo contenti dei miglioramenti, non stiamo mettendo loro fretta ma continuando ad insistere sulle cose in maniera coerente e coordinata, con l’aiuto fondamentale anche dei genitori, i risultati si iniziano a vedere».
Vedi differenze nel loro modo di approcciarsi con te, non essendo un istruttore ‘maschio’?
«Sì, a volte non sanno come chiamarmi (sorride), qualcuno mi ha chiamato maestra, a volte mi chiamano Alice, un bambino ha inventato la parola “misteressa”. Quando si lavora però non vedo differenze nel loro modo di approcciarsi a me, riesco a farmi ascoltare e mi rispettano».
E il rapporto con i genitori com’è?
«Molto buono, c’è molta disponibilità da parte loro e un confronto continuo sulle esigenze loro e dei bambini e come ho detto prima c’è unione di intenti, la priorità nostra e loro è il benessere e la crescita dei bambini con coerenza nel modo di educarli».
La conoscono i bambini la tua carriera, ti chiedono mai di raccontargli qualcosa?
«Sì è capitato che mi chiedessero qualcosa, si sono informati su di me. A volte sono io che racconto loro qualche aneddoto per portargli qualche esempio di comportamento».
A proposito di aneddoti, ce ne è qualcuno divertente da poter raccontare di questi primi mesi?
«In un allenamento continuavano a punzecchiarsi allora mi sono avvicinata a uno di loro e ho fatto il gesto di mettergli qualcosa nelle mani. Gli ho spiegato che erano dei tappi invisibili, di provare a metterseli per non sentire più nulla e pensare solo a divertirsi. A quel punto altri si sono avvicinati a me per chiedermi se potevano averli anche loro. Il segreto con i bambini credo sia proprio questo, riuscire a far sì che rimanga sempre tutto un gioco divertente».
Quali obiettivi ti sei posta a livello individuale e di gruppo?
«Personalmente vorrei riuscire a trovare il modo di comunicare efficacemente con loro in ogni situazione, nei modi giusti senza dover alzare la voce. Per loro invece mi piacerebbe che riuscissero a diventare nel loro piccolo un po più responsabili e che capissero l’importanza di piccoli gesti che faranno la differenza poi nel loro percorso di crescita».