Alla scoperta dei nostri Pulcini 2013 con il loro istruttore Marco Corradini

Archiviata la sosta di Pasqua, tra uova di cioccolata e colombe, anche per tutte le nostre squadre è tempo di tornare in campo. E noi ne approfittiamo per fare un altro degli approfondimenti amaranto. 

Questa volta puntiamo la nostra lente di ingrandimento sui PULCINI A 7 II ANNO, affidati alle ‘cure’ di MARCO CORRADINI, ANDREA CASTALDI e MICHELE FORCINITI. 

Ed è proprio con MARCO che abbiamo scambiato quattro chiacchiere (anche un po’ di più…) per entrare a 360 gradi all’interno di questo numeroso gruppo.

Traccia un primo bilancio di questa stagione, di cosa sei più soddisfatto?

“È il primo anno con questi bimbi del 2013 e qualche bimbo del 2014 e per quanto fatto finora il bilancio non può che essere positivissimo perché il numero dei bambini è aumentato, di conseguenza è aumentato anche lo stimolo tra i bambini stessi, la voglia di divertirsi e di mettersi in gioco anche con gli altri compagni di squadra. Lavoriamo tra l’altro in un percorso che tende a rendere i bambini autonomi nella preparazione di alcune esercitazioni, nel rispetto delle linee guida e di questo sono molto soddisfatto perché è bello che i bambini riescano a dedicare 10/15 minuti del loro impegno in un’attività che devono creare e gestire da soli. E questo non ci può che rendere orgogliosi perché fa del bene dal punto di vista della loro crescita, per imparare delle regole, imparare a rispettarsi e a rispettare gli altri. Tutto questo contornato poi da un bel percorso di crescita tecnico, caratteriale ma soprattutto comportamentale di tutti e 39 i bambini. Parliamo di numeri importanti, quindi già in 39 riuscire a portare a termine ogni allenamento bene, senza frizioni, senza perdite di tempo è sempre una bella soddisfazione. Inoltre la soddisfazione più grande è quella di vedere Sabrina, che è una bambina con noi a Montelupo ormai da tanti anni, sempre partecipe con gli altri compagni di squadra maschi, magari anche con ottimi risultati tecnici e sportivi, a dimostrazione di quanto lo sport sia fondamentale per l’integrazione e l’inclusione”.

Riavvolgendo il nastro, qual è il primo momento che ti viene in mente, che vale la pena ricordare, in un allenamento, in una partita, dentro o fuori dal campo?

“Il momento più bello di questa stagione probabilmente è il primo allenamento, cioè trovarsi di fronte una schiera di 30 facce nuove e tre istruttori nuovi per loro, che si scrutano con gli occhi per imparare a conoscersi sul campo prima che come persone. Sicuramente uno dei momenti più belli, quando si comincia un percorso nuovo, con un nuovo gruppo, con nuovi istruttori per i bambini, il primo incontro è sempre quello più emozionante, partendo da un qualcosa di ignoto per imparare poi piano piano a conoscere e a conoscerci gli uni gli altri. L’aspetto che condividiamo poi, che è un po’ l’aspetto sportivo che mi porto dietro da quando giocavo, è quello di festeggiare tutti i piccoli e grandi traguardi che ognuno dei cuccioli raggiunge con un rinfresco o una pizzata, facendo contenti anche i ragazzi della Taverna del Lupo. Questo perché ci piace condividere tutto e farlo con tutti e 39 i bambini insieme”. 

Com’è il rapporto con gli altri componenti dello staff Andrea Castaldi e Michele Forciniti?

“Semplicemente fantastico perché sono anche degli amici. Con Andrea ormai collaboriamo e ci conosciamo da diversi anni, prima allenavo suo figlio, ci siamo conosciuti in quella occasione a livello umano, mentre lui faceva l’istruttore con un’altra annata, poi tre anni fa quando abbiamo iniziato il percorso con i classe 2012 l’abbiamo cominciato insieme e tra di noi c’è estrema sintonia. Alle volte, anche senza dirci nulla, pensiamo la stessa cosa. Tal volta alla richiesta di una famiglia o di una società avversaria, seppur in momenti diversi, rispondiamo la stessa cosa. Lo stesso vale anche per Michele, che è una persona straordinaria, da valori importantissimi che conosco da tantissimo tempo, è il primo anno che lavoriamo insieme e mi auguro di poterlo fare il più possibile perché Michele è una persona in grado di stare con i bambini, di calarsi bene nella parte, non è mai fuori dalle righe, è sempre propenso a consigliare e ad aiutare e a stimolarli. E questo ritengo sia un aspetto fondamentale. C’è uno di noi che è più severo, ma non dirò mai chi (sorride)… però ecco, diciamo che ci completiamo e poi il fatto di essere almeno in tre ci consente di poter lavorare bene con gruppi più ristretti di bambini, in modo da seguirli tutti in ogni aspetto potendo così anche correggerli quando magari non hanno ben capito un’esercitazione. E questo ci aiuta e aiuta i bambini nel loro percorso”.

Qual è la prima cosa che cercate di trasmettere ai bambini?

“La cosa su cui lavoriamo più di tutti è cercare di stabilire un rapporto empatico con i bambini. Non è semplice anche se i bambini, rispetto a noi adulti, sono più predisposti a darti tanto e a ricevere tanto. Magari alle volte ricevono anche dei comportamenti sbagliati e dobbiamo quindi essere bravi noi a comportarci sempre in maniera corretta usando le parole giuste. Un rapporto grazie al quale poi riusciamo magari a tirar fuori anche qualcosa che non ci aspettiamo. Un qualcosa che all’inizio è difficile da ipotizzare. Come farlo? Semplicemente trasmettendo loro tutta la passione che io personalmente ho per questo sport, che ho praticato da quando avevo sette anni e che solo per un grosso infortunio ho dovuto abbandonare, divertendosi in primo luogo e imparando ad accettare la sconfitta perché anche se nella Scuola Calcio non parliamo di vittorie e sconfitte, durante un’esercitazione come a scuola o nell’attività motoria c’è sempre un punteggio e si tende poi ad esaltare il vincitore e a mettere da una parte il vinto. Invece quello che ci preme a tutti noi tre istruttori è quello di imparare ad accettare anche un punteggio inferiore ad un altro, e su questo continuare a lavorare per continuare a mettersi in gioco qualunque sia il momento dell’attività, qualunque sia il punteggio, che sia da stimolo insomma per superare l’ostacolo anche in maniera autonoma senza dover troppo indicare la via. Quello che prendiamo da loro è la loro genuinità, la loro spontaneità, la loro voglia di venire al campo e magari arrivare anche un po’ scocciati, perché hanno litigato con il compagno di classe o hanno preso un voto non bellissimo a scuola, ma uscire da qua con il sorriso a 32 denti perché questo è sinonimo che i bambini hanno vissuto e vivono questo momento in maniera intensa, in maniera divertita, in maniera soddisfacente, cercando di mettere tutti loro stessi, mettersi in gioco, anche mettersi in mostra, a seconda dei caratteri, ma pur sempre nel rispetto di tutte le componenti che fanno parte della loro attività. E vedere che loro sono contenti è ciò che ci stimola a dare sempre di più”.

Come si imposta un allenamento con bambini di questa età?

“Non è semplice perché abbiamo dei numeri grandi e l’obiettivo è quello di allenare tutti bene allo stesso modo e di renderli tutti partecipi. Sostanzialmente dividiamo ogni seduta di allenamento in tre step: prima parte in cui i bambini, divisi in gruppi, autonomamente fanno un’esercitazione di attivazione e periodicamente noi cambiamo gli esercizi e i gruppi in modo da mischiare i bambini, loro arrivano al campo, sanno già quello di cui hanno bisogno, già quello che devono fare e iniziano a farlo anche aspettando i compagni che per un motivo o un altro sono in ritardo; nella seconda parte dell’allenamento dividiamo i bambini in tre gruppi di lavoro in tre stazioni distinte, in cui ognuna rispetta un programma fatto di macro-cicli e micro-cicli che con gli altri istruttori elaboriamo a inizio anno e poi portiamo avanti all’interno di tutta la stagione in base poi alla categoria, ed ogni 15 minuti i gruppi ruotano le stazioni in modo che tutti i bambini partecipano allo stesso tipo di attività e seguiti da tutti e tre gli istruttori; la terza parte finale di allenamento è la partita finale, che possiamo far svolgere con un tema specifico o che a volte lasciamo totalmente libera come se fosse una valvola di sfogo e ne creiamo due in contemporanea in modo da permettere a tutti i bambini di giocare, avendo molto spazio di gioco, di correre, di toccare la palla ed essere partecipi”. 

Definisce il tuo gruppo con tre aggettivi…

“Sicuramente è un gruppo inclusivo perché abbiamo bambini di età diverse, di etnie diverse ed abbiamo la fortuna di avere con noi Sabrina, che è una bambina. Poi li definirei fantastici per quello che fanno in campo, per quello che fanno negli allenamenti, ma anche per la loro innocenza e voglia di imparare e divertirsi, dal primo all’ultimo. E poi curiosi perché ogni minima esercitazione che noi spieghiamo loro tendono sempre a guardarla oltre, a riferirla a delle situazioni, se non lo facciamo noi, che si possono creare in partita. E questo è anche segno di grande maturità nonostante la loro piccola età”.  

Dove sono migliorati di più?

“In questo momento è ancora un po’ prematuro dirlo perché li abbiamo iniziati a conoscere a settembre, sono passati pochi mesi, ma sicuramente posso dire che sono migliorati nell’attenzione e nella concentrazione. E molto nel comportamento, sia nel rispetto delle regole che nel rispetto degli allenatori e tra di loro, azzerando completamente delle invidie che a inizio anno potevamo aver notato. Mettendosi, insomma, completamente a disposizione del gruppo. Anche perché la categoria dei Pulcini è sempre una categoria dove si tende a lavorare sull’individualità, sull’uno contro uno tradotto a livello calcistico, però se già da soli i bambini riescono a gettare le basi per parlare da squadra, per comportarsi da squadra in ogni situazione, già si costruiscono delle solide fondamenta per i prossimi anni”. 

L’obiettivo da qui fino a fine stagione?

“Non morire nei tornei estivi (sorride)… Nel senso che abbiamo fatto una grandissima parte di attività, dal punto di vista delle prestazioni in tutto e per tutto, che partano dal lato tecnico e passano a quello comportamentale dall’approccio all’impegno preso nei confronti dello sport e degli altri compagni di squadra. Ci poniamo quindi l’obiettivo di continuare a lavorare seguendo il percorso intrapreso, quindi senza lasciare niente al caso ma continuando a dedicare momenti importanti al divertimento e a tutto ciò che può creare ancora più amore e passione per questo sport, perché i bambini possano avere una continuità nello sport e a Montelupo che è fondamentale. Un altro obiettivo a cui personalmente tengo tantissimo, infatti, è quello di appassionarli e legarli ancora di più ai colori amaranto perché qui abbiamo tutto per fare bene e c’è un ambiente sano in cui poter far crescere i ragazzi nel migliore dei modi”. 

Più difficile gestire i bambini o i genitori?

“Diciamo che noi istruttori dovremo gestire solo i bambini perché siamo a diretto contatto con loro, mentre il genitore dovrebbe essere un’entità quasi estranea, mettiamola così, nel senso che dovrebbe essere portatore solamente di entusiasmo nei confronti del bambino, che poi si ripercuote sulla loro partecipazione, sulla loro voglia di mettersi in gioco e divertirsi. Ovviamente questa è un’utopia e naturalmente abbiamo la necessità, oltre che a volte l’urgenza di confrontarsi con i genitori. Questo perché comunque per conoscere al meglio i bambini dobbiamo conoscere la loro situazione familiare, a volte come vanno a scuola, insomma non dobbiamo tralasciare nessun dettaglio e se scambiamo informazioni con le famiglie siamo naturalmente più in grado di lavorare in maniera più dettagliata possibile con ogni bambino per fare il loro bene. Io personalmente tendo sempre a provare ad instaurare un bel rapporto con le famiglie, più che altro un rapporto di scambio, di confronto, sempre costruttivo ovviamente. Questo perché siamo una realtà paesana, quindi dobbiamo stare bene e convivere bene all’interno della comunità e questo lo possiamo fare anche passando dall’attività sportiva. Quindi sono sempre aperto al confronto con le famiglie, magari anche su alcune decisioni che il genitore può non condividere. Un confronto che può essere davvero costruttivo se entrambe le parti ci basiamo sul fatto che siamo chiamati in causa per il bene dei bambini, sia sportivo che umano”. 

Perché un bambino dovrebbe venire a giocare a Montelupo?

“Perché qua c’è tutto. Ci sono impianti straordinari, basta affacciarsi dalla FiPiLi per accorgersene, ci sono tutte le categorie quindi un bambino può iniziare un percorso da piccolissimo e poi arrivare un giorno a giocare in Prima Squadra, ci sono figure formate, figure brave a stare con i bambini, a condividere con loro ogni momento in maniera sana e costruttiva. Di anno in anno poi apportiamo miglioramenti, per esempio per ciò che concerne il team di istruttori della Scuola Calcio. E poi Montelupo è bella, quindi venite a giocare a Montelupo!”.